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Adesso Pasta … che ne dici?

Buongiorno ragazzi,

siamo partiti a discuterne nella mailing list dei referenti ma a questo punto necessita interfacciarsi con tutti gli iscritti affinchè ognuno esprima la sua e, magari, si trova pure chi ha voglia di approfondire l’argomento e arrivare ad una sintesi per il gruppo.

Ecco qua il testo della mail ricevuto da Co-energia:

IL PROGETTO ADESSO PASTA!

C’è una Cooperativa nelle Marche che fa pasta biologica dal 1980. Ci sono dei consumatori che non si accontentano più del prodotto a marchio biologico, ma vogliono sapere la storia di ogni chicco di grano, e sono disposti a sostenere un progetto che fa bene a loro e fa bene al territorio.

In quest’ottica nasce Adesso Pasta!, il patto fra consumatori e produttori, che si sostengono a vicenda, che alimentano un Fondo per progetti di Economia Solidale, permettendo ad una bella realtà di prosperare, ed entrando a fondo nel processo produttivo, con un livello di trasparenza al 100%.

Il patto funziona, e ora c’è una linea produttiva in confezioni familiari da 3kg, con marchio proprio ADESSO PASTA!, destinata ai soli GAS che aderiscono al patto, per la quale la Cooperativa La Terra e il cielo si impegna ad utilizzare esclusivamente cereali prodotti dai propri soci e rinuncia all’utile proprio del 3% . Oggi gli acquisti dei GAS attraverso il patto coprono l’8% del fatturato totale della Cooperativa e il Fondo di Solidarietà e Futuro ha accumulato complessivamente € 16.500 (2008-2015). Nel solo esercizio 2014-15 ha raggiunto i 4.300 euro. Grazie a questo fondo, la cui destinazione viene deliberata collegialmente tra gli attori del patto, è stato possibile in questi ultimi anni supportare progetti ed attività di Economia Solidale in Italia. Nella pagina del Fondo di Solidarietà e Futuro, trovi i dettagli dei progetti supportati.

Si tratta della prima produzione solidale su scala nazionale nella quale sfuma la distinzione tra consumatori, produttori e distributori, verso un’impresa che diviene bene comune. I gas che ne fanno parte sono sempre di più, serve qualcuno che tiri le fila, e interviene CO-energia, associazione nata all’interno del tavolo per la Rete italiana di Economia Solidale che già si era occupata di patti solidali tra produttori e consumatori in abito energetico (qui la convenzione con Dolomiti).

I passi da fare per me sono:

  1. attendere 4-5 giorni per dare modo di esprimersi a quanti più possibile nei commenti
  2. Individuare chi può ed ha voglia di occuparsi di approfondire con i referenti del progetto i listini e le domande che dovessero nascere al nostro interno;
  3. Fare un ordine di prova per capire la “nostra” gradibilità.
  4. Decidere come intercalare l’ordine con quello di Girolomoni (che peraltro è aperto anche ora…)

Ma ora concentriamoci sui commenti…. di la tua

Saluti radiosi

7 risposte su “Adesso Pasta … che ne dici?”

Andrea, Lauaua, Alice e Silvia si sono pronunciati già via mail per il si;

Stefano: Se c’é la qualità, se c’é il prezzo, se é fatta bene, proviamo pure!

In un’era geologica precedente all’attuale, agli albori dei G.A.S. forlivesi, La Terra e il Cielo era il fornitore di pasta del Gas-Gas e ricordo che i loro erano prodotti eccellenti (fra l’altro erano pure fornitori di Mustiola…. anche qui, parliamo del Pleistocene)

SilviaG

Ciao cari,
negli ultimi anni una domanda mi attanaglia:
quando nasce un GAS (e col tempo forse anche un DES) QUALE RUOLO si propongono di avere?

Secondo me questo è il punto cruciale da sviscerare se si vogliono portare avanti realmente progetti a medio-lungo termine sul territorio anziché limitarsi a fare delle “adozioni a distanza” di questo o quel progetto, di questo o quel produttore, acquistando questo o quel prodotto o facendo un finanziamento una tantum.

In una catena standard, i produttori (agricoltura e industria) producono, i consumatori finali acquistano i prodotti e nel mezzo ci sta tutto un settore chiamato commercio che si occupa di prendersi in carico i prodotti, stoccarli, trasformarli, spostarli, garantirne un’adeguata conservazione durante tutto questo processo, e infine venderli.

Finché sono stata solo gasista ero INGASATA PERSA sul ruolo fondamentale che avevamo nel piano di salvataggio del mondo.

Diventando produttore ho scoperto l’tra faccia della medaglia.
Avere per clienti dei gas, se sei un privato che vende fuori circuito è una gran bazza perché ti permette di infischiartene di norme fiscali, norme igienico-sanitarie, lavoratori in regola e sicurezza sul lavoro, ecc. (perché i tuoi clienti non pretendono che tu rispetti queste norme, visto che ti conoscono e si fidano di te) e ti permette di avere dei prezzi bassi (perché per te dell’attività è un hobby, una forma di volontariato).
Se sei un’azienda che non ha nulla da perdere, se stai aprendo in quel momento e non sai cosa ti aspetta sul mercato, se stai rischiando di chiudere, ecc. può essere una bazza perché ti fa pensare di aver trovato una “base sicura” di persone che sosterranno il tuo progetto in tutte le fasi difficili che incontrerà e quindi sei disposto a farti carico di alcune cose che un GAS ti chiede e di cui nel circuito standard non ti faresti carico.
Ad esempio, oltre a tutti i sopra citati obblighi di legge che un privato non ha e una azienda sì, come produttore cominci a farti carico dello stoccaggio e della logistica, con tutte le problematiche igienico-sanitarie che ci canno dietro. Se in un anno fai 10qli di grano ti basta uno stanzone pulito, ben areato e con trappole adatte per i parassiti.
Se fai 50qli di grano, lo stanzone non basta (entra il problema luogo e spese di stoccaggio).
Non li muovi tutti a mano sulla tua auto (entra il problema logistica e relative spese,spese oltre che impatto ambientale).
Non li vendi tutti tra settembre e giugno (entra il problema parassiti e conservazione refrigerata).
Ecc.

Ma se vuoi che la tua azienda ti dia il reddito necessario a vivere, e lo vuoi, perché hai mollato il lavoro che avevi “dentro il sistema”, paghi le tasse, rispetti le norme sopra citate e questo costa, lavori da lunedì a domenica senza soluzione di continuità, da gennaio a dicembre, mediamente 8h (ciò significa giornate da 8h, ma anche giornate da 10 o 12h per recuperare la mezza giornata passata alle udienze dei figli a scuola…), 10qli di grano non ti bastano.
E quindi ne fai 20, 30, 50 e proprio lì, quando non sai più dive metterteli, il GAS ti saluta perché sei una azienda troppo grande, hai troppi vincoli, troppe pretese, prezzi troppo alti, non mi sporzioni più kilo per kilo…
Dai andiamo a sostenere il progetto del biscottificio di Faenza che è disposto a cambiare la sua produzione in base alle mie necessità, sosteniamo la coop Adesso Pasta, che la pasta del produttore xyz costa troppo.

Bene, giusto, ognuno guarda il proprio interesse, ma così si chiama sempre economia, non economia solidale.

Mi domando: se per fare i biscotti o la pasta serve la farina, e se io ho i contatti con la coop che pastifica e col produttore di cereali, perché non posso prendermi il ruolo di “fare rete”?
Perché nella filiera corta mi pulisco la coscenza sando un prefinanziamento a tizio o a caio, ma in cambio pretendo che il produttore si occupi di: produzione, stoccaggio, logistica e vendita con tutte le relative responsabilità e rischi economici?
Perché non prende il GAS (o il DES) almeno in parte le funzioni svolte dal settore commercio?

Risposta: è faticoso, è costoso, è rischioso, richiede di interfacciarsi con le istituzioni e di seguire delle regole imposte dal sistema.

E quindi torno alla domanda iniziale: qual’è REALMENTE il ruolo dei GAS e dei DES all’interno dell’economia di un territorio?

Per chi ha voglia di raccogliere la provocazione 😜

Non potrebbe essere un progetto interessante anche per il grano della Lenticchia ?

Grande Claudia, sempre meraviglioso cogliere provocazioni e, per fortuna, ancora qualcuno le fa le provocazioni!

Ricordo di quando mettemmo in moto la prova dal seme al vasetto (o anche quella dal seme al sacchetto) con cui provammo a chiudere il cerchio sulle verdure e i succhi di frutta e fu veramente un’avventura piuttosto complessa e impegnativa.
Circa 30 famiglie decisero di aderirvi, raggiungemmo la massa critica e coordinammo il tutto con notevole sbattimento generale e personale di alcuni di noi … ma fu una grande soddisfazione.

Per me fu il picco massimo delle potenzialità raggiunte perchè seguimmo l’intera filiera ma costò non poca fatica e così finì tutto li anche perchè nessuno di quei 28 nuclei (o forse solo 2 o 3) si fecero avanti per riprovarci l’anno successivo.

I Biscotti con il GAS di Faenza sono stato un altro tentativo, più recente, di ottenere la “quadra” ma anche li ci eravamo ridotti a 14 nuclei, nonostante l’organizzazione (quindi lo “sbattimento”) fosse interamente affidata al Gas di Faenza e a noi restava solo da accorpare gli ordini.

Penso che le energie del consumatore, per quanto attento, etico e sensibile, siano piuttosto limitate (oserei definirle “liquide”) e non riescano ad essere eterne e soprattutto costanti nel tempo. Non si riesce a rendere costanti nemmeno gli sforzi all’acquisto dei gasisti (che si risolvono con pochi click il più delle volte…) perchè la Società è comunque complessa ed, inevitabilmente, porta a fare i conti anche con le singole finanze di ognuno di noi.

In tutto questo io personalmente vedo l’unica possibilità effettiva nel tentare di fare rete non solo tra produttore e consumatore finale ma anche tra produttori e faccio qualche esempio:
Mengozzi ha raggiunto la possibilità di fare la “sua” pasta, il “suo” olio di semi, il “suo” vino, ecc. Sonia anche si fa fare tutte le marmellatine e le trasformazioni dei “suoi” prodotti. Paolo de I Tirli invece continua con il “suo” pane dal “suo” grano, non ho ben capito se faccia già “sua” pasta ma non può tardare a farla, per me.
La “piazza” di produttori/trasformatori/commercializzatori si amplia e diversifica quindi è una logica conseguenza che anche i gasisti si trovino ad avere più possibilità di aiutare i progetti che più vedono affini ed anche (è brutto dirlo ma inutile negarlo…) che possano anche avere maggiore scelta nell’indirizzare la spesa anche in funzione dei costi di ciascuno di essi.
Torniamo al fare rete (in pratica il DES): qui occorre veramente che i produttori/trasformatori/ commercializzatori ottengano la loro quadra trovando una piattaforma comune che possa rappresentarli e unirli così da dare un’idea di compattezza ai consumatori finali che non avrebbero più il “disorientamento” da simpatie o da prezzo o da convinzioni e si troverebbero ad avere un solo “fronte” che magari riesce a compenetrare le produzioni e le prerogative di ciascuno.
Il ruolo del GAS in tutto questo è tutto da disegnare e da definire ma il progetto di adesso Pasta mi pare che possa essere un buono spunto perchè permette di fare valutazioni profonde e affrontare scelte che già altri hanno provato ad attuare. Alle volte copiare l’organizzazione e le modlità è più facile che aprire nuove strade.

Claudia e Filippo, spero di avervi più volte dimostrato nei fatti quanto personalmente creda nel vostro progetto e mi auguro che saprete/sapremo trovare le giuste sinergie per riuscire a renderlo un progetto di Distretto che possa convogliare un numero sempre maggiore di consum-attori consapevoli perchè per 50 q.li di cereale ne servono cicuramente di più di quando arrivavate a 10 q.li e non c’erano altri progetti del genere sul nostro territorio. Con me tanti altri inGASati sono sempre pronti per voi ma … la nostra massa critica purtroppo non è la vostra.
Ci pregiamo pensare di avervi aiutato a nascere … ora dobbiamo aiutarvi a strutturarvi e crescere … la strada è tanta ma quando la si percorre insieme in allegria sono convinto che sia la parte migliore del viaggio quella di guardarsi attorno!
Spero di poterci confrontare a breve con i piedi sotto la tavola e con voi al nostro fianco.
Mi verrebbe da dire che anche il biodistretto non possa afre a meno di voi e voi di loro ma, ripeto, meglio che ci ragioniamo “de visu”. 🙂

Saluti radiosi

Grazie Romeo,
per il sostegno e per aver raccolto le provocazioni.

I vari esempi che porti sono interessanti, sembrano diversi ma non lo sono.
Sonia porta i suoi raccolti a Chefservice, si accolla dei costi di trasformazione c/terzi per avere il suo prodotto trasformato col suo marchio e nin sa se e quando venderà questi trasformati. Infatti spesso ce li propone in super-sconto perché stanno per giungere a scadenza.

Mengozzi ha risorse molto maggiori di Sonia o di una Lenticchia, ha un mercato molto esteso, è già super-autonomo e in una logica super-commerciale e non lo dico in senso dispregiativo!
Può offrire varietà in tutte le stagioni, continuità di produzione e vendita, prezzi abbordabili, comodità di orari… meglio di così?
La sua pasta la fa fare, se non sbaglio, a La Romagnola Bio di Argenta, sempre lavorazione c/terzi, sempre accollandosi costi/rischi come un qualsiasi imprenditore.

La differenza fra Sonia e Mengozzi, cioè tra un piccolo imprenditore e uno medio-grande, è che il piccolo dipende molto dai clienti piccoli, il grande ha tanti canali di vendita e se uno di questi canali gli diminuisce può spostare le vendite sull’altro.
Mengozzi può scegliere quanta roba tenersi per vendita diretta e quanta portarne al mercato ortofrutticolo del bio a Bologna, la Sonia no.
L’investimento della pastificazione per Mengozzi probabilmente è “secondario”, cioè arricchisce la gamma del suo punto vendita, ma lui può pensare di pastificare 100kg di grano/farro e il resto conferirlo.
La Sonia non fa i trasformati “per fighetteria”, li fa sperando di dare un anno di vita in più a un raccolto invenduto che andrebbe buttato via. E in quell’anno spera di vendere i trasformati.
Ma siccome sono cari, rispetto a una produzione mefio-grande o grande, qualcuno dei gas li compra “per beneficenza”, ma può un’azienda reggersi sulla beneficenza? Secondo me no.

Se deve andare avanti con le sue gambe, coi suoi soldi e crearsi un proprio mercato quanto più ampio possibile un’azienda fa delle scelte a volte non amate dai gas, ad esempio fa confezioni in plastica in atmosfera modificata per semplificare lo stoccaggio e allungare la vita dei prodotti senza compromettere la qualità. Oppure pastifica in un’altra regione perché costa meno e la qualità è migliore.
Queste scelte sono spesso giudicate negativamente dai gas perché vanno contro a principi ecologici (imballi in plastica, trasporti, ecc.) ma purtroppo vedo che il gas, oggi, è diventato spesso un consumatore esigente come tanti altri, eventualmente un ente benefico, ma non un interlocutore di filiera “alla pari” con gli imprenditori.
Possiamo prenderne atto, possiamo mantenere una parte di filiera a misura di gas finché ci riusciamo, ma così come i consumatori, anche gli imprenditori hanno bisogno di fare scelte guidate dalle loro necessità contingenti ed è forse più interessante dirsi le cose come sono, rimanere nel pratico, invece di ergersi a giudici o a salvatori del mondo.
O magari sono io troppo acida…

Dunque, senza volermi ergere a giudice o depositario del Verbo, mi sento di aggiungere il mio personalissimo e fallibilissimo punto di vista.

Come diceva gentilmente Romeo, il GAS ha anche, come obiettivo non secondario, perseguire i SUOI interessi, che sono gli interessi COMUNI di un gruppo di persone: tra questi, non ultimo, magari non detto sempre esplicitamente, (ma all’atto pratico riconosciuto e perseguito in modo silente dalla maggior parte dei gasisti), salvaguardare il potere di acquisto dei propri membri (e delle proprie famiglie), scegliendo i prodotti con i migliori rapporti qualità/prezzo, dove nella qualità si includono anche l’etica e il rispetto dell’ambiente nel senso più ampio.

Le famiglie del GAS lavorano, devono fare quadrare i propri conti e per avere la grana da spendere (spesso attentamente) nel GAS si fanno il paiolo, in un modo non necessariamente più lieve o meno degno di chi si sporca le mani nutrendo e facendo generare Madre Terra. E comunque, anche se il loro lavoro è un po’ meno etico, o meno faticoso, meritano rispetto.

Anzi, dovremmo aggiungere, per completezza, che chi ha avuto la fortuna e la forza di potersi mettere a fare di questo lavoro di produttore con la Terra in modo sano, un lavoro, dovrebbe sentirsi un privilegiato.

Ne consegue che, in una logica di GAS, equa, etica e rispettosa dell’ambiente, ma pur sempre commerciale, si debba mantenere una attenzione e un rapporto anche di tipo COMMERCIALE tra le parti.

Diversamente, in una logica puramente amicale e di fidelizzazione, di sostegno e incentivo, si rischia che una delle due parti (quasi sempre il venditore) ne tragga un vantaggio INGIUSTO.

Vedi per esempio i mercatini dei produttori.
Ad esempio, porto un esempio da lontano e senza fare nomi, dall’Alto Adige, del miglior succo di mela che abbia mai avuto occasione di provare.

11 anni fa costava 2 euro la bottiglia da litro ed era a parer mio il migliore, come lo è ancora oggi. Oggi però ne costa 3,50, sempre al mercato, preso dalle mani del produttore.

Ok, in 11 anni sembra ci possa stare, ma in quale mutamento del contesto?

A Forlì, al supermercato, un succo analogo 11 anni fa costava parecchio di più, 2,80€/litro. Oggi ne costa 3,49€/litro, meno che dalle mani del produttore in un mercatino a pochi km da casa sua!

Cioè il produttore, che lavora divinamente (non metto in dubbio), è cresciuto, ha economie di scala, vende su diversi canali e ora vuole tenersi tutto il vantaggio della vendita diretta, anzi ci sguazza pure.

Nella vendita diretta NON CI SONO INTERMEDIARI!
Tutto il ricavo se lo piglia il produttore.

Invece questo vantaggio andrebbe suddiviso 50/50 con l’acquirente e per fare bene, in una ottica di trasparenza, tutto questo andrebbe esplicitato.

Come giustamente viene esplicitato ( e qui mi sembra ci siamo abbastanza) se c’è un ulteriore vantaggio per chi ti consente di fare (pur in minima misura) economie di scala, facendo acquisti di Gruppo, ovvero i GAS.
Ma pretendere di più da un GAS, mi sembra davvero troppo.

Infine, per chiudere con il succo, in negozio, dopo minimo una intermediazione, ho trovato lo stesso succo a 3,25 euro/litro.
E qui mi è caduto il produttore, che non mi ha saputo dare spiegazioni e mi è caduta la fiducia in quel mercatino, che gli consente di fare questo, perchè è diventato solo uno show, un cosa folcloristica per turisti sprovveduti!

E questo cosa comporta? Che le persone, mediamente, nella vita di tutti i giorni, quando devono fare quadrare tutto, ritornano alla rassicurante equità e trasparenza della GDO,che per certi aspetti è effettivamente tale.

Il piccolo produttore fatica, certo, ma ha dei vantaggi rispetto al grande; vantaggi, che è giusto ricordare: più flessibilità, meno spese, meno esposizione finanziaria, etc. etc. Li dicevi tu stessa Claudia nel primo commento quando dicevi come è scomodo, faticoso, impegnativo diventare grandi!

Poi sta a ciascuno scegliere se rimanere piccolo o diventare grande (e naturalmente se “confondersi” coi GAS o meno).

Però credo ci voglia attenzione e rispetto anche per il consumatore, per il gasista, per l’amico che con la fatica del suo lavoro ti compra ad un degno prezzo i frutti di Madre Terra, consentendoti di vivere come hai sempre voluto.

E poi, mi sbaglierò, ma farei attenzione con le comparazioni tra produttori: fatte da un gasista ci stanno, ma fatte da un gasista che è anche produttore, oltretutto sul BLOG, mi stonano un po’, anche perchè contribuiscono a quella specie di autarchia, a quel cerchio amicale e autoreferenziale che vedo come uno dei LIMITI più grossi di questo nostro GAS ( e che nel tempo ho visto come tenda a escludere, più che a includere, sia lato produttori, sia lato nuovi gasisti).

Una buona alcalina estate, a tutti!

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