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Furgoncino – Mi presento 14 Maggio 2025: Elisa di Taverna del Vara, Gianluca di Montelupo, Silvia di Bensos, Serena di Ciao Latte

14/05/25

Mi collego puntualissimo alle 21:15, Aldo come al solito sul “trono di comando” della reception ed Eleonora accolgono i nuovi arrivati con il loro meraviglioso buon umore e sorriso.

Alle 21:20, mancando Montelupo, partiamo con 20 amici collegati con la prima presentazione

Elisa Lavagnino dell’azienda  Taverna del Vara (che partecipa al furgoncino TELL)

La presenta il produttore Ivan di Ortomatto che conosceva Elisa fin dall’Università; spiega che lei si è poi dedicata alla produzione di birra utilizzando l’economia locale, facendo lavorare gli agricoltori nelle vicinanze. Spiega che Elisa crea anche dei laboratori interessanti a cui anche i gasisti partecipano e passa la parola ad Elisa

 Elisa spiega che la sua azienda è posizionata in alta Val di Vara.

Ama definire le sue birre come “incroci di produttori“. Producono direttamente il luppolo anche se non sono ancora completamente autosufficienti … e qui la linea, forse per il grado alcolico che si eleva in tutti noi all’ascolto, cade ed intanto siamo in 24 … si attende un po’ e quando siamo ormai rassegnati a virare su produttori meno alcolici … ecco che ricompare Elisa che nel frattempo ha parlato 5 minuti buoni da sola pensando di essere on line 🙂

Spiega che stanno per impiantare altri luppoli se il tempo lo permette. Fanno birra anche con grano antico e farro locale. Sabato e domenica organizzano spesso delle letture libri o concertini per raccolta fondi. Hanno tenuto anche un incontro sulla resistenza in Val di Vara. Sono coinvolti da gennaio in un progetto solidale di produzione di una birra in favore del Kurdistan e ne va orgogliosa.

I soci sono lei e suo cognato, + altri 4 amici e da questa “famiglia allargata” sono nate anche due bimbe.

Val di Vara è una distretto biologico e spiega che laddove riescono prendono prodotti certificati bio; alcuni piccoli produttori sono anziani e non certificati ma sono di estrazione biologica fino al midollo quindi … non li hanno abbandonati. Consiglia di visitare il sito per qualsiasi approfondimento o chiarimento.

Di solito annualmente producono circa 45-50 mila litri di birra imbottigliata; hanno sempre puntato alla sostenibilità delle 7 persone che “compongono” il birrificio e non puntano ad aumentare la quantità ed i profitti restando concentrati sulla qualità. Si auto-distribuiscono presso i loro clienti (Milano e Roma ad esempio) ma tendenzialmente il grosso è su Genova e La Spezia; fanno consegne dirette  con il loro furgone e, via via che si diffonde il loro prodotto, hanno aumentato il loro giro di consegne.

Elisa poi scende nel tecnico per spiegare che la fermentazione della birra non parte spontaneamente e quindi si aggiungono o frutta o lieviti. Ci sono diverse famiglie di lieviti:

  • quelli che lavorano a 18°C quindi con alta fermentazione (famiglia che finisce in Eil). Anche le IPA sono ad alta fermentazione.
  • Lieviti per bassa fermentazione come sono le Pils Tedesche.

Ci sono poi le “birre spontanee” che derivano da mosti fermentati anche per più anni con elevata acidità che fanno percepire sentori diversi, anche le cantine e le loro muffe naturali possono incidere su queste birre.

Il grado alcolico dipende sia dalla fermentazione che dalla tipologia dei malti nel mosto. I malti con zuccheri più fermentabili danno un grado alcolico più alto. Un malto più tostato ha zuccheri più complessi da far mangiare al lievito, quindi tendenzialmente ha grado alcolico più basso. Le etichette sono disegnate a mano da un’amica “artista” poi digitalizzate da un’altra amica grafica. Spiega poi l’etichetta dove si vede, in primo piano, la casa (luogo di produzione e sede del birrificio) che è la casa dei nonni di Elisa che facevano produzione di spuma, la casa è racchiusa in un cuore a cui si abbraccia il luppolo, il loro luppolo.

Loro hanno 19 birre in produzione e, con l’ultima nata nella famiglia (una bimba di nome Nina che oramai ha quasi un anno), lanceranno una birra aromatizzata con la Salvia con il medesimo nome …. (Ottima integrazione alla mamma per la produzione del latte … altro che le tisane di finocchio che ricordo io ai miei tempi … 🙂 ); 7 di queste birre sono quelle che rappresentano la base solida e restano fisse e costanti nel tempo mentre sulle restanti a loro piace molto sperimentare. Quest’anno hanno in programma di sperimentare nuove birre con erbe officinali variegate per dar fondo alla fantasia.

Se si riuscisse a risolvere il problema della normativa sul vuoto a rendere, loro sarebbero molto interessati; purtroppo al momento, non essendo definite leggi chiare,  le ASL agiscono in modo sparso e la loro gli ha richiesto macchinari molto complessi e costosi che fin qui li hanno fatti desistere dall’intenzione.

Le birre artigianali hanno sempre una scadenza che è per obbligo di legge. Spiega che la loro birra alla Castagna diventa migliore con il tempo. La IPA, riconosce lei stessa, oltre l’anno perde di freschezza senza comunque far male in caso di consumo. Loro mettono sempre scadenza di un anno a partire da un mese successivo all’imbottigliamento. Un partecipante riporta una sua personale esperienza di una birra di 4 anni dimenticata in fondo alla dispensa … riconoscendo che era più buona di quando sono state bevute le sue sorelle …. 🙂

Serena ai offre disponibile a fare da vettore anche per altri produttori nelle sue pellegrinazioni e consegne.

Pur a malincuore lasciamo questo bel mondo alcolico e inebriante … risollevati nel morale e nella voglia di una bella birra fresca magari direttamente dalla st”r”ampante …. E qui lanciamo l’idea della Birra 3D direttamente sulla stampante di casa … a marchio del furgoncino 🙂

E nel frattempo raggiungiamo i 25 presenti ma … aumenteranno come sentono odore di mozzarella di bufala …

A questo punto, 21:50,  torniamo su Gianluca che si era unito già in precedenza con un meraviglioso sorriso, presentato da Eleonora che intesse le lodi del suo prodotto ammettendo che da una dipendenza quasi da tossicodipendente (già me li vedo a Pesaro i gasisti che vagano la notte in cerca di uno “spacciatore di mozzarelle” e si mettono a suonare a casa di Eleonora frementi e piangenti …?)

Gianluca Paolo – Fattoria Montelupo

L’azienda è sua e di sua sorella e nel 2003 l’hanno creata trasferendosi dalla Campania in Umbria. Avendo genitori “trasformatori” hanno deciso di portarsi in Umbria un poco della loro terra natia … le bufale, che rilevarono da un’azienda che stava chiudendo; hanno filiera completa che parte dalla semina dei foraggi in campo al prodotto caseario consegnato a domicilio (nel nostro caso … al furgoncino). Unica azienda del genere in Umbria!

L’azienda è partita come una scommessa con 40 bufale e sono arrivati, sasso dopo sasso (bellissima questa evocazione di Gianluca!!!), ad avere clienti con rapporto diretto che in massima parte lui conosce direttamente ed anche viceversa!

E’ entusiasta di quanto ha creato e del furgoncino che purtroppo non riesce a seguire come gli piacerebbe perché i suoi animali, che sono le “sue soddisfazioni” e che oramai sono tutti nati nella sua fattoria a Città di Castello, hanno caratteristiche particolari ed uniche e che gli occupano e drenano parecchio tempo.

In azienda ci sono: due ragazzi indiani che lo aiutano in stalla (gli indiani hanno una marcia in più con i bovini!), lui che è il direttore, in laboratorio ci sono la sorella, loro padre, loro madre e suo cognato che seguono sia la trasformazione che la commercializzazione.

Per lui è fondamentale: il rispetto per gli animali, del tempo che gli si dedica, ed il rispetto e l’apertura verso il cliente. Produce circa 300 litri di latte al giorno che vengono interamente trasformati e venduti tutti direttamente senza alcun intermediario e senza accordi o forniture a GDO … dalla quale ha sempre cercato di mantenere le distanze per mantenere la libertà operativa. Tutto quello che seminano è biologico. Il letame una volta maturo viene ridistribuito nel terreno per arricchirlo in un ciclo perpetuo. Ha 130 bufale di cui 60 in lattazione. Le sue bufale vivono 12-13 anni. Ogni vitello che vede nascere gli suscita gratitudine verso le sue bufale e verso il creato (questo, da solo, indica che persona sia Gianluca!). I prodotti sono diversi durante l’anno: in periodo invernale producono più stagionati rispetto all’estate dove il consumo della mozzarella fresca è più consistente. Sta provando, con il suo latte, un formaggio tipo gorgonzola e un Camembert di Bufala.

Dopo aver ringraziato tutti i partecipanti si apre alle domande. La prima è su come trovare la scadenza nella confezione e Gianluca spiega che viene punzonata nel lembo alto sul lato destro con la perforatrice (tecnica manuale … per usare meno macchine specifiche per la scrittura diretta). Per leggerla basta inserire un fogliettino bianco tra i lembi della busta e si legge. La mozzarella dura fino a 21 gg ma entro i primi 7-10 gg da il meglio del suo gusto.

Spiega poi che i vitellini vengono lasciati con la mamma per 12 gg dalla nascita … la bufala ha indole selvatica e se si abitua a prendere il latte dalla madre poi non prende più il ciuccio che gli porge l’uomo e, piuttosto, si lascia morire. I primi 10 gg sta da solo con la mamma … poi, con calma, ci si avvicina con il biberon per fargli capire la possibile nutrizione aggiuntiva ed inizia il distacco con una fonte di nutrimento certa. Attorno ai 17-18 gg il vitellino ha capito che la fonte di alimentazione arriva anche dall’uomo  e dal biberon. La mozzarella in frigo non andrebbe messa; la bufala ha molto grasso e in frigo si addensa perdendo le sue iniziali  caratteristiche. Gianluca consiglia, in caso sia necessariamente messa in frigo, mezz’ora prima di mangiarla di immergerla con la sua busta nell’acqua tiepida per stemperare e offrire una migliore degustazione.

La certificazione bio per gli animali da latte è lunga e tortuosa. Lui ha fatto una scelta di qualità e non quantità. Ha scelto prodotti e mangimi no ogm. Ha in programma di fare tutta la filiera certificata bio ma ci vuole del tempo quindi chiede, con fiducia, di attendere per la certificazione bio completa.

Partecipa a diversi mercati e con un furgone consegna direttamente arrivando fino alle Marche ed a Rimini.

E’ aperto alla possibilità di fare anche mozzarelle da mezzo chilo e/o da chilogrammo e può fare una prova tranquillamente perché loro le mozzarelle le mozzano direttamente a mano quindi, avendo tolleranza sul peso per prenderci la mano … si propone di fare la prova … ed io mi offro entusiasticamente di fare da cavia ?

In azienda non macella in alcun modo gli animali; i maschi li vende da piccoli ad altre aziende da ingrasso. Anche nelle bufale le femmine sono quelle produttive ed i maschi il solito ingombro  buono “da carne” … pensa come si ripetono le condizioni degli animali anche tra gli umani … ?

 Alcuni animali arrivati a fine carriera produttiva ed a cui si era particolarmente affezionato, sono rimasti con lui fino alla morte naturale.

Le sue bufale le chiama con un fischio e loro lo seguono docilmente. Fischio alle quali le ha abituate e che oramai conoscono puntualmente. Quest’anno ha installato telecamere e impianto di amplificazione, fa un fischio al microfono e osserva come le bufale si girino verso le telecamere da cui sentono provenire il fischio. Non verrà a Solidalia perché non riesce ad abbandonare l’azienda in questo periodo. Il perimetro su cui le bufale sono libere di pascolare è quello della loro azienda che ha anche una  sorta di diga naturale a valle di una sorgente da cui sgorga acqua, in estate le bufale si immergono completamente lasciando emerse solo le due narici e le corna (pare di vivere una sceneggiatura western .. ?). La sua azienda si estende per circa 33 ettari di terreno. Collabora da sempre con le aziende vicine che gli forniscono foraggi certificati. Alle 22:22 ormai svaniti i fumi dell’alcool della birra e con le narici appena a filo latte di bufala dove ci siamo appena immersi … ci spostiamo su un altro fornitore … non ci facciamo mancare nulla ?

 

Alle 22:22 siamo in 27 (il picco massimo che ho rilevato io…) e Mirco GAS Castiglione ci spiega che il suo GAS è nato nel 2007 e che inizialmente aveva solo prodotti alimentari, ci presenta Silvia Palladini dell’azienda Bensos che nel 2010 andò nel loro gas a presentare la sua produzione appena agli arbori. Spiega che già allora Silvia era una gasista e, come tale, ha iniziato a produrre prodotti per la pulizia della casa anche perché madre da poco ed i prodotti in commercio non la accontentavano. Essendo chimica di formazione ed estrazione si è letteralmente “buttata” in questa avventura. Nella formulazione dei suoi prodotti pone attenzione alla biodegradabilità perseguendo l’obbiettivo primario di non dare problemi alle persone.

Anche Silvia è bella sorridente e, da allora, i figli sono diventati 3 (evidentemente ha trovato formule prolifiche di detersivi che effettivamente favoriscono la maternità  … ?)

Ci spiega Silvia come tutto sia partito all’interno del suo gas dove hanno acquistato diverse tipologie di detersivi ecologici disponibili in quel periodo testandoli nelle varie famiglie. Nel frattempo lei ha studiato e verificato che i claims dei prodotti fossero rispettati (e qui già ti vedo a cercare su internet che roba sia … non preoccuparti … provvede Silvia in separata sede: i claims sono le “rivendicazioni”, ossia le frasi, gli slogan che sono riportati in etichetta o in pubblicità e che sono mirati ad attirare l’attenzione dei clienti sulle caratteristiche del prodotto. Le leggi europee stanno diventando molto stringenti su questi argomenti, affinché i consumatori non vengano tratti in inganno da frasi subdole, se non false. All’epoca non lo erano e ognuno poteva scrivere senza troppi problemi ….?). In pratica, sulle varie tipologie di detersivi, ha verificato se le promesse di efficacia espresse ed i componenti delle formulazioni corrispondessero alle rispettive attese. Alla fine delle prove hanno raggruppato tutti i prodotti testati in sede e li hanno raggruppati su due lati opposti del tavolo in funzione della loro efficacia. In pratica ha verificato così che le sue conclusioni tecniche corrispondevano ai due raggruppamenti ed ha notato tristemente che quelli più “naturali” erano anche quelli “meno efficaci”.

Naturalmente le pecche dei prodotti meno biodegradabili e meno “naturali” le sono emerse all’occhio; le ha attentamente approfondite nelle sue ricerche e così, continuando a lavorare e nel giro di 5 anni e mezzo, ha trovato materie prime idonee e che la soddisfacessero . SI è avvalsa anche di ricerche ed analisi con suoi vecchi professori e con l’Università di Brescia con cui aveva, nel frattempo, aperto una collaborazione.

Le restrizioni imposte alle sue formule sono nate dai primi due gruppi d’acquisto che si sono approcciati (il suo ed un altro vicino) che gli hanno dato tanta forza e spinta a superare i momenti difficili riconoscendole fiducia. Ha due dipendenti in part time, di cui una attualmente in maternità  (e si rafforza la teoria inizialmente espressa sulla “fecondità aiutata” da questi detersivi…. ?) ed il figlio di Silvia, studente universitario diciannovenne di Silvia, a chiamata. Riconosce che anche in una azienda così piccola, rispettare tutte le norme applicabili, sia come azienda che come etichettatura, è parecchio complesso. Le normative europee, racconta, sono di 1800 pagine e non è così facile anche solo leggerle tutte.

Ha mantenuto l’approccio trasparente ed etico verso i suoi prodotti ed ha scelto di non crescere oltremodo facendo magari qualche “sconto” alla sua linea di pensiero. Non usa sbiancanti ottici perché troppo impattanti. Spiega come riportare in etichetta la dicitura “Senza allergeni” è molto difficile oggigiorno e lei, per scelta e approfondimenti, non usa nemmeno oli essenziali. Profuma alcuni suoi prodotti con fragranze fatte apposta e richieste ad una ditta profumiera in quantità comunque minima e con garanzia che la fragranza provenga  da sostanze naturali e pochissime di sintesi (e comunque senza limonene e senza tossicità, nemmeno a lungo termine, e senza allergeni).

Sugli oli essenziali arriva puntuale la domanda … come possono essere pericolosi essendo naturali?

Silvia ci rimanda al suo sito dove ha riportato suoi articoli di approfondimento. Gli oli essenziali vanno usati alla stregua di fitofarmaci perché possono essere anche tossici, a lungo termine, ed hanno proprietà da tenere sotto controllo. Si usano anche in oli per il pancione materno e lei dice che fino a 3 anni del bambino non andrebbero usati perché possono superare placenta e barriera ematoencefalica con tutto quello che ne può derivare. E’ a favore di utilizzi mirati alla effettiva necessità e per periodi comunque definiti e limitati.

Ci sono anche studi specifici ministeriali sull’utilizzo di questi oli essenziali … da approfondire sempre nel sito anche perché olio essenziale di lavanda e tea tree che potrebbero aver interferenze endocrine.

Non fa più fiere perché … non ci sta più dietro. Non rifornisce supermercati per scelta.

Fa linee di prodotti per alberghi, cucine, frantoi e suo marito offre l’assistenza a queste realtà. Fornisce chiaramente gruppi di acquisto e piccole aziende e poco più. Il vuoto a rendere lo fanno ma poi le taniche si rovinano e si sta interrogando sull’efficacia di questo sistema per i tanti ulteriori problemi che ne derivano (la quantità di acqua che serve per lavare i contenitori, l’effettiva durata dei contenitori, ecc.). Stanno commercializzando anche bustine super-concentrate specie per i GAS (lavatrice e sgrassatore potenziato al momento). Sono buste di circa 3 etti in plastica completamente riciclabile che si mettono in taniche da 5 litri portandole poi a volume con acqua. Sta provando proprio in questo periodo anche il bucato a mano con la stessa logica. La tanica da 20 litri (per il prodotto alla spina) per loro è interessante e lei le prende a Matera, certificata con il 70% di plastica riciclata; finora non le ha dato problemi e la stanno riutilizzando di continuo. Le taniche da 5 litri sono in plastica non riciclata a causa di parecchi problemi che ha avuto con la linea di taniche in plastica riciclata che aveva provato. Le bag in box non le considera perchè la plastica presente è non riciclabile e difficilmente viene poi riutilizzata anche se viene messa nei contenitore della plastica. Con una pizzeria di Viterbo da parecchi anni si scambia le confezioni vuote restituendo le piene.

 

Alle 22:55 si passa a Ciao Latte e siamo in 22; lo presenta Roberto del GAS Birulò spiegando che il suo GAS è nato negli anni  ’90 e conoscono e apprezzano Ciao Latte da oramai 20 anni. Lo conobbero grazie ai genitori di un gasista che glieli presentò e da allora non li hanno più abbandonati!


Serena Peveri – Ciaolatte fa partire un video … ma se facevo il verbale non potevo guardarlo e così … ho ascoltato i suoi racconti…

La sua è una famiglia di 5 persone completamente dedita all’azienda che ha fatto partire il padre  25 anni fa decise di produrre direttamente un parmigiano Bio con un ciclo chiuso. Si parte dal foraggio che deriva dai 300 ettari di terreno che riesce a coprire circa l’80% del fabbisogno aziendale mentre il restante viene da aziende vicine certificate. Il loro caseificio è considerato “medio/piccolo”.

Serena si occupa della comunicazione e commercializzazione.

Hanno anche altri 13 collaboratori e servirebbero anche ulteriori forze per soddisfare le attuali necessità aziendali (anche alcuni indiani che hanno riscontrato come molto adatti al rapporto diretto in stalla con il bestiame). Ora producono e “lavorano” circa 9000 litri di latte al giorno (18 forme al giorno di parmigiano); che vengono prodotte e conservate per la stagionatura nei magazzini della azienda stessa. Buona parte del prodotto viene confezionato direttamente in azienda.

Sono apertissimi alle visite soprattutto delle scolaresche per spiegare, fin da  piccoli, l’importanza dell’educazione alimentare e dei prodotti biologi e tipici. Afra, sua mamma, si è sempre occupata ed ha aderito all’associazione delle fattorie didattiche, proprio per spiegare cosa c’è “dietro” e “dentro”  il loro prodotto.

Hanno 3 allevamenti nel raggio di 5 km nel comune di Noceto. In due allevamenti ci sono, ciascuno, circa 100 vacche in lattazione e nel terzo circa 150. La lavorazione del latte avviene al mattino (per tarare meglio una eventuale visita in azienda … ?). Le vacche hanno possibilità di pascolo da aprile fino a ottobre. Nei periodi caldi, quando non c’è erba verde spontanea, alle mucche viene portata, direttamente in stalla, per due volte al giorno, erba fresca coltivata.

Le vacche vivono all’aria aperta e in stalla in condizioni ottimali. Lo spazio riservato permette loro di muoversi in modo agevole. Lo svezzamento dei vitellini avviene entro circa 1 settimana di vita: rispettare queste tempistiche è importante sia per la produzione di latte destinato alla lavorazione del Parmigiano, sia per il distacco necessario tra vitellino e mamma bovina  (stesso discorso visto sopra con le bufale di Gianluca).

La parte zootecnica, e la cura dell’animale, è seguita prettamente da Filippo, il fratello più piccolo.

La prevenzione, la cura dell’animale ed il controllo costante dei veterinari, sono la terapia usata per evitare malattie negli animali. In ogni caso, il latte prodotto da animali ammalati, viene scartato dalla produzione.

La produzione media delle loro vacche si aggira sui 25/26 litri al gg e come razze si basano sulla frisona poi incrociata con altre 2 razze (Montbèliarde e pezzata Svedese).

La longevità del capo è di circa 7 lattazioni (circa 8 anni) ma alcune sono arrivate anche a 13 anni.

Partono le domande e arriva puntuale lo scassaballe (e non capisco perché ancora non venga radiato da queste riunioni!!!) che chiede informazioni sul chip RFID da mettere in ogni forma che sembra essere contemplato anche dal Consorzio del Parmigiano Reggiano come metodologia di tracciatura. Serena spiega pazientemente che ogni forma di Ciao Latte è tracciabile con una doppia placca di caseina (una del consorzio e l’altra del biologico),  con codice alfanumerico di conseguenza non avvertono la necessità di applicare il chip RFID, per tracciare il prodotto.

Serena spiega anche che momento importante per il ciclo di vita del Parmigiano è la battitura (fatta da un incaricato del Consorzio Parmigiano Reggiano con il famoso martelletto della pubblicità … ?). La battitura comunque difficilmente individua le micro-occhiature interne e per questo all’apertura della forma si individuano meglio ma rarissimamente inficiano la qualità. La battitura individua la conformità o non conformità del formaggio.  Il battitore individua 3 scelte di prodotto:

  • le forme sbiancate: vanno a creare i gran mix di formaggio nei supermercati e queste NON SONO parmigiano reggiano;
  • quelle rigate: identificate come Parmigiano Reggiano ma non possono stagionare per più di 1 anno/15 mesi;
  • forme standard ed idonee:  possono procedere alle diverse fasi di stagionatura.

La stagionatura dei loro prodotti non va comunque oltre i 5 anni, soglia oltre la quale non garantiscono il massimo di caratteristiche organolettiche nel prodotto.

All’ultimo controllo in azienda, su 600 forme controllate, solo 6 sono state rigate e nessuna è stata destinata al gran mix di formaggi.

I fattori principali della riuscita di qualsiasi formaggio derivano dalla qualità del latte e dalla mano del casaro. In questo caso, il casaro, il fratello Dario, ha fatto un ottimo lavoro.

Delle 18 forme prodotte ogni giorno, una parte è destinata ai Gas ed una parte all’export in Svizzera. Nelle vendite dirette, i Gas hanno un peso di circa il 75/80% . 

Lavorano da anni con i gruppi di acquisto cercando di mantenere rapporti diretti e relazioni vive con i loro clienti. Ora anche Serena sta cercando di entrare nel gas di Fidenza in qualità, non solo di produttore,  ma anche di consumatore, proprio a conferma della sua filosofia per il biologico e per una economia veramente solidale (e qui scrosci di applausi)..

Sarà presente a Solidalia con la sua azienda e sarà felice di incontrare tanti amici.

Ciao Latte è anche attiva nel sociale e in occasione della alluvione che ha colpito la regione Emilia Romagna, ha portato Parmigiano Reggiano a Faenza, porta a porta. (e qui altri scrosci di applausi!!!!). Licia di Faenza conferma questa attenzione e questa squisita disponibilità e racconta anche di come, anche il suo Gas a suo tempo aderì alla campagna di aiuto avviata anche da Ciao Latte per i produttori danneggiati dal terremoto dell’Emilia.

Alle 23:30 con colesterolo un pelo in rialzo, fumi dallo schermo derivanti dall’alcool non ancora perfettamente smaltito, ma tutti belli lindi e puliti ma non più profumati … chiudiamo la serata e ci congediamo.

Saluti radiosi

2 risposte su “Furgoncino – Mi presento 14 Maggio 2025: Elisa di Taverna del Vara, Gianluca di Montelupo, Silvia di Bensos, Serena di Ciao Latte”

Personalmente si è rafforzata in me qualche considerazione che cercherò di portare agli inGASati.
L’importanza che il fornitore sia un gasista …. in questo modo capisce anche meglio tutto lo sbattimento e la fatica di far girare certi ordini e quali principi regolano i GAS. Inoltre quando fai la spesa anche per te stesso, scegliendo con gli altri gasisti i fornitori, fai automaticamente crescere tutto il gruppo arricchendolo con le conoscenze tipiche del produttore/agricoltore/allevatore che applichi nella tua azienda.

Un altro tema importante è indirizzare maggiormente la scelta su quelle aziende che hanno scelto di non affidare alla GDO la loro produzione (o che lo fanno marginalmente…). Il valore aggiunto, in questa scelta, deriva dal fatto che sono aziende che hanno, per forza di cose, maggior contatto diretto e sono abituate a rispondere in prima persona direttamente al cliente finale mantenendo grande apertura ai chiarimenti delle loro scelte ed “un’apertura filosofica alla vita” (non saprei altrimenti come spiegare il concetto … so che può risultare pleonastico ma, invecchiando, mi piace aprirmi a punti di vista anche meno “pratici”). Va anche detto che così facendo hai l’esclusiva del prodotto che non troverai mai in qualche catena di supermercati esposti e a prezzi magari inferiori a quelli che paghi tu (i prodotti civetta mi fanno davvero scendere la catena!!!) …

Una terza attenzione andrebbe posta a chi riesce a prodursi in proprio parte degli ingredienti delle proprie ricette o produzioni (qui abbiamo visto il luppolo di Elisa… il foraggio dei bovini, ecc.). In riferimento ad alcuni agricoltori che abbiamo sentito in passato, pensando alle dimensioni del loro semenzaio interno (dimostrando con questo di curare fin dalla semina i loro prodotti); tanti di loro hanno anche con attenzione particolare ai semi antichi che coltivano e perpetuano pur senza i riscontri che potrebbero dare le selezioni attuali.

Insomma posso solo individuare una grande spinta evolutiva, oltre che di relazioni anche di “umanità” e crescita interiore, in questa iniziativa del furgoncino. Spero di riuscire a trasmetterla anche agli altri e trovare chi ci permetta di andare oltre ai pochi ordini attuali stimolando, nel contempo i nostri attuali produttori/fornitori perchè comunque i cerchi concentrici con cui li scegliamo restano uno dei primi requisiti per non impattare troppo sulla logistica.

Saluti radiosi

Sono daccordo sul fatto che se il fornitore diventa gasista capisce meglio come funzioniamo e di cosa abbiamo bisogno. Molto interessante il produttore che non vuole ingrandisci, che si accontenta dei suoi profitti ma vuol mantenere la qualità dei suoi prodotti.

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